La norma sul rientro dei capitali non è stata impugnata in quanto non rappresenta riserva all’erario
Trento – Sta facendo discutere, in questi giorni, la questione della cosiddetta voluntary disclosure, ovvero la legge sul rientro dei capitali che consente di regolarizzare le attività detenute all’estero in violazione delle norme fiscali versando le imposte dovute con abbattimento delle sanzioni. “Bolzano e Trento non hanno impugnato la norma statale – precisa il presidente Rossi – per la semplice ragione che non rappresenta una riserva all’erario e dunque non sottrae risorse all’Autonomia. Su questo punto – aggiunge Rossi – le norme statutarie e gli accordi che regolano il finanziamento dell’autonomia sono chiari”.
Secondo le prime stime effettuate, il rientro dei capitali di competenza trentina ammonterebbe a circa 46,4 milioni per i quali è prevista la creazione di un gettito fiscale a favore delle casse provinciali che si aggira fra gli 8 e i 9 milioni di euro.
“A differenza di quanto apparso su alcuni organi di informazione – precisa Rossi – si tratta di fondi che non perderemo”. A sostegno di questa tesi arriva anche il recente pronunciamento della Corte Costituzionale sul ricorso presentato dalla Valle d’Aosta: nella sentenza del massimo organo di garanzia costituzionale si sottolinea infatti che le riserve all’erario si possono formare solo sui nuovi tributi o sulla maggiorazione di quelli esistenti, mentre la tassazione dei capitali rientrati rientra nel campo dei tributi ordinari.
“Se il Ministero dell’economia e delle finanze – conclude Rossi – la pensa in maniera diversa ed emetterà un decreto ad hoc sui criteri di riparto sul territorio nazionale delle somme incassate dal rientro di capitali, noi impugneremo il provvedimento di fronte al Tar del Lazio. E dalla nostra parte avremmo proprio la sentenza della Corte Costituzionale che si esprime in maniera chiara sull’argomento”.