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Ospedale di Cavalese, prime protesi ortopediche con il robot

Protesi di ginocchio e anca impiantate con l’ausilio di un robot chirurgico all’ospedale di Fiemme

Cavalese (Trento) –  Operati nei giorni scorsi dai professionisti dell’Unità operativa di ortopedia di Cavalese i primi pazienti con l’ausilio di un robot chirurgico. La nuova metodica è stata utilizzata per impiantare protesi d’anca e di ginocchio con un approccio mini-invasivo che permette tempi di recupero ridotti. I pazienti stanno bene e sono stati dimessi il terzo giorno dopo l’intervento senza dolore grazie anche al programma riabilitativo Fast-track intrapreso nel pomeriggio del giorno dell’intervento.

Quella utilizzata a Cavalese è una tecnologia utilizzata nelle più moderne sale operatorie che consente attraverso un approccio mini-invasivo, con ridotta perdita ematica, un veloce recupero funzionale e il ritorno alle attività quotidiane dei pazienti in tempi brevi.

La nuova metodica operatoria si arricchisce non solo di strumenti di misura e pianificazione avanzati ma anche di strumenti di taglio controllati dal robot, specifici per ogni tipologia di intervento, che hanno una accuratezza migliore rispetto al passato.

In particolare il robot utilizzato all’ospedale di Cavalese permette, attraverso la creazione di modelli 3D realizzati negli Stati Uniti su immagini Tac, di creare un’immagine virtuale personalizzata della procedura chirurgica in modo da verificare gli effetti di correzioni millimetriche sui movimenti del ginocchio o dell’anca. L’esecuzione dell’intervento viene effettuata da un braccio robotico che, lavorando su più assi motorizzati, controlla uno strumento di taglio di precisione che permette all’ortopedico di operare con tagli meno invasivi e più precisi. Inoltre il sistema permette di considerare lo spessore della cartilagine e valutare il bilanciamento dei legamenti garantendo il miglior accoppiamento della protesi e di conseguenza una sua maggiore durata e funzionalità.

Grazie all’accuratezza del sistema robotico alcuni precedenti limiti della chirurgia protesica si sono ridimensionati, sia nelle indicazioni cliniche sia nella fascia di età a tutto vantaggio del paziente. Da una parte si raggiunge una precisione pressoché assoluta nel posizionamento della protesi (scarto di 0.5 mm.) mentre allo stesso tempo si risparmia tessuto osseo sano e, elemento fondamentale, si rispettano i tessuti molli circostanti (capsula, legamenti, muscoli) grazie al minimo traumatismo prodotto dalla fresa di cui è dotato il braccio robotico.

La tecnologia robotica permette una personalizzazione degli impianti senza la necessità di protesi fatte su misura con evidenti benefici per i pazienti: l’assenza di strumenti di taglio riduce la dolorosità dell’intervento e il conseguente utilizzo di farmaci oltre ad annullare nella quasi totalità dei casi il ricorso a trasfusioni di sangue. Ulteriore vantaggio è la possibilità di conservare una notevole quantità di osso, aspetto chiave nel poter garantire al paziente maggiori opzioni chirurgiche nel caso in cui fosse necessario.

L’introduzione delle protesi ha rivoluzionato il campo ortopedico e ha permesso di affrontare e superare problemi clinici, prima non controllabili, a carico di articolazioni interessate da patologie degenerative, infiammatorie o negli esiti di traumi. L’affinamento della tecnologia dei materiali e il miglioramento delle tecniche chirurgiche garantisce oggi il trattamento di ogni articolazione.

La chirurgia protesica ha avuto negli ultimi anni un rapido e costante aumento in tutto il mondo. Il report (Riap – Registro italiano artroprotesi) più aggiornato per l’Italia, certifica oltre 180mila impianti all’anno con una distribuzione pari a 56,3% anca, 38,6% ginocchio, 3,9% spalla, 0,3% caviglia e 0,9% altre articolazioni. In particolare l’anca, nell’ultimo decennio, ha visto un aumento di impianti del 141% (in questo favorita dai crescenti casi di fratture del collo del femore trattati con protesi) e il ginocchio addirittura del 226%, percentuali che, nella fascia di popolazione più giovane sono ancora più marcate.

Le ragioni di questi significativi numeri sono da individuarsi nell’invecchiamento della popolazione, nei traumi diffusi (ad esempio stradali), nella pratica di sport ad alto impatto e comunque a forte sollecitazione che richiedono una sostenuta efficienza articolare e nell’atteggiamento culturale di mantenimento di un buon stato fisico anche nelle persone non più giovani.

 

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