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Mostra Venezia: Leone d’Oro a Kim Ki-duk

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Le star non c’erano, il glamour era al lumicino ma le emozioni non sono mancate nella cerimonia di chiusura della 69/ma Mostra del cinema di Venezia condotta dalla madrina Kasia Smutniak. Imprevisti a piovere: nei 60 minuti della cerimonia si è sudato freddo, se andava avanti ancora, chissà cosa altro poteva succedere oltre ad uno scambio di premi mai visto nella storia, con tanto di caduta del sacro pesante leone in terra. Niente male anche quando il regista Kim Ki Duk – che forse per la quantità di zanzare ha scambiato il Lido per la giungla salendo sul palco vestito con pantalonacci larghi verdi e scarponi degni di un attraversamento nella boscaglia (stessi panni da quando è arrivato, ormai diversi giorni fa) – ha annunciato di voler cantare per ringraziare il pubblico per il Leone d’oro, meritato c’é da dire, per il suo film Pietà. Una nenia tradizionale coreana che ha ipnotizzato il pubblico per alcuni minuti, poi il tosto Ki Duk ha alzato il pugno a favore dei fotografi. Fino ad un certo punto la serata, seppure con un mood seriosissimo che neppure le due battute due dei comici Luca e Paolo erano riuscite a scalfire, è filata tutto sommato liscia. Il Leone del futuro al turco Ali Aydin per Kof, quelli di Orizzonti con il nostro PierFrancesco Favino cerimoniere elegante, il premio (di consolazione) a Daniele Ciprì per la fotografia del suo film E’ stato il figlio e di quello di Marco Bellocchio Bella Addormentata con i ringraziamenti di rito ai produttori e la dedica a due persone che non ci sono più, suo fratello e "un grande artigiano", Marco Onorato. Poi il primo ‘incidente’: il presidente della giuria di Venezia 69, il regista americano Michael Mann nello spiegare "il lavoro difficile" fatto da ogni giurato "con grande dedizione" per giudicare "i 18 film, interessanti, belli, ricchi di nuovi linguaggi" ha parlato di una regola precisa che si erano dati: "soltanto un premio a ciascun film, questo per evitare equivoci".
 
La serata s’infiamma con il primo colpo di scena: non ha fatto il red carpet, nessuno lo dava in arrivo a Venezia, sembrava infatti che per The master fosse in arrivo solo il produttore Harvey Weinstein, invece il grande Philip Seymour Hoffman, attore immenso, ha fatto in tempo ad arrivare. "Sono sceso cinque minuti fa dall’aereo, non giudicate il mio vestito, mi sono appena cambiato in bagno – ha detto trafelato, giunto da Toronto all’aeroporto Marco Polo mentre cominciava la cerimonia – Joaquin Phoenix avrebbe voluto essere qui. Joaquin è una forza indomita e io non ho fatto altro che cavalcare la sua forza, ma lui è indomabile". Ad entrambi, il premio è meritatissimo, la Coppa Volpi maschile e la platea si spella le mani. Un attimo dopo Mann e la madrina Smutniak lo richiamano per consegnargli il premio speciale della giuria, Philip Seymour Hoffman torna indietro sul palco: "conosco Anderson da 20 anni, siamo stati insieme in 5 film ed è un amico, è il migliore regista ed è una fortuna per me lavorarci". La cerimonia va avanti, si annuncia il leone d’argento all’urticante Paradise:Faith dell’austriaco Ulrich Seidl: sale sul palco, felice, ringrazia. Hoops! il leone d’argento non è per lui, Laetitia Casta bellissima in rosa cipria e labbra carmiglio interrompe e chiede lo scambio dei premi: a Hoffman va il leone d’argento di Anderson, all’austriaco il premio. All’attore americano per la confusione cade la bestia d’argento per terra: la platea si emoziona. Poi il leone d’oro a Kim Ki Duk, gli applausi sono scroscianti, la canzoncina una novità di scaletta che lascia esterrefatto Mann. Il presidente Baratta dichiara chiusa la mostra, "evviva la 70/ma".
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