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Montagna, uomini che soccorrono altri uomini

Sabato sulle Dolomiti di Brenta al Rifugio Agostini

Trento – Un incontro intenso sul “mestiere” di chi fa soccorso alpino sulle nostre cime. Ne hanno parlato al rifugio Agostini, Gino Comelli, Adriano Alimonta, Luca Boninsegna e Claudio Detassis per “I Suoni delle Dolomiti”.

«Se non andiamo noi chi altro può andare? Sopra di noi c’è solo il Signore»: sta forse in questa semplice massima di Luciano Ploner – vecchio capo stazione della Val di Fassa – riportata dalla guida alpina Gino Comelli, l’essenza del Soccorso Alpino. A questo si aggiunga l’amore per le montagne e quello spirito di mutuo soccorso che è nato con la pratica di ascendere le cime.

Certo il tempo ha fatto il suo corso e molte cose sono cambiate e per questo l’appuntamento de ‘I Suoni delle Dolomiti’ – sabato al Rifugio Agostini nelle Dolomiti di Brenta – ha visto la presenza di soccorritori provenienti da diverse parti del Trentino e soprattutto di quattro diverse generazioni. A moderare l’incontro della sezione “Uomini, cime e racconti” è stato il giornalista Andrea Selva e a dialogare con lui c’erano Gino Comelli del soccorso fassano, Adriano Alimonta del Brenta, così come Claudio Detassis e Luca Boninsegna del gruppo di soccorso delle Pale di San Martino.

A fare cerchio attorno al loro numerosi giovani e tanti colleghi, alcuni dei quali hanno partecipato a una dimostrazione di intervento in parete proprio sulle cime a monte del rifugio Agostini. Lì il pubblico, giunto ai circa 2500 metri di quota, ha potuto assistere a tre tipologie di operazioni di salvataggio: anzitutto la calata con barella portantina, l’evacuazione dall’alto e l’evacuazione dall’alto con uso di palo pescante. Tre situazioni che hanno tenuto tutti col naso all’insù per vedere cosa accadesse.

Dopodiché è iniziato un dialogo di oltre un’ora in cui si sono sciolti ricordi, racconti, descrizioni e riflessioni su questo mestiere che non è un mestiere (perché è volontariato), ma richiede gradi di specializzazione molto alti. Il soccorso alpino è nato nel Brenta nel 1952 per poi allargarsi alle altre realtà dolomitiche e montane. Nel tempo le modalità di intervento sono mutate. Detassis ha ricordato come all’inizio le richieste d’aiuto fossero verbali e di come i ragazzi corressero a valle ad avvisare la stazione dei carabinieri mentre chi poteva e sapeva si attivava per dare una mano.

Una spedizione di soccorso impiegava ore per raggiungere una cima e per riportare a valle i feriti in barella. Oggi le cose sono molto cambiate e qui è stato Gino Comelli, membro degli equipaggi tecnici che intervengono in elicottero dall’aeroporto di Mattarello, a spiegare come la tecnologia abbia cambiato di molto le modalità e i tempi di intervento. Oggi in condizioni ottimali un intervento può essere portato a termine anche in trenta minuti, però sussistono ancora condizioni in cui la tecnologia fallisce, o meglio non serve: condizioni meteo avverse come temporali o nebbia fitta ad esempio. Lì si ritorna come un tempo. È stato Adriano Alimonta, presidente del Soccorso Alpino del Trentino a spiegare l’organizzazione e come si muovono i soccorsi mentre il giovane Luca Boninsegna ha raccontato come ha deciso di seguire le vie del padre e dopo essere diventato alpinista e Guida alpina, dedicarsi al soccorso.

Storie private che incrociano altre storie private. «Non ci aspettiamo ringraziamenti» risponde Alimonta, perché non facciamo questo per sentirci dire grazie. Mentre la memoria è corsa a episodi persi nella memoria, come l’intervento in soccorso della spedizione di Maestri ed Eccher sulla via Franceschini – Stenico o a più recenti.

Stimolati dalle domande del pubblico, tanti i ragazzi presenti, i quattro intervistati hanno riportato altre storie. Come l’intervento sulle cime di Lavaredo, che ha richiesto un difficile intervento medico in parete, oppure chiamate inutili. Inoltre hanno fornito utili consigli su come si va in montagna. Il ricordo di Comelli è tornato all’episodio tragico di quattro anni, fa quando il soccorso alpino perse quattro suoi elementi per una spedizione di aiuto nella notte di San Silvestro in Val di Fassa.

Cosa ha imparato da allora? Gli chiede Andrea Selva. La risposta è tanto semplice quanto vera: «Che quando veniamo chiamati d’urgenza per correre in aiuto di qualcuno dobbiamo prenderci qualche secondo per salutare chi lasciamo a casa». Uomini che corrono in aiuto di altri uomini.

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