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Migliaia di allevatori in piazza, da ok a polvere di latte a rischio 487 formaggi tipici

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I casari protestano per impedire il via libera in Italia al formaggio e allo yogurt senza latte

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NordEst – Il via libera alla polvere di latte farà sparire 487 formaggi tradizionali censiti dalle Regioni italiane ottenuti secondo metodi mantenuti inalterati nel tempo da generazioni. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti presentata in occasione della mobilitazione che ha visto migliaia di allevatori, casari e consumatori in piazza Montecitorio a difesa del Made in Italy per impedire il via libera in Italia al formaggio e allo yogurt senza latte che danneggia ed inganna i consumatori, mette a rischio un patrimonio gastronomico custodito da generazioni, con effetti sul piano economico, occupazionale ed ambientale.

Con un chilo di polvere di latte che ha un prezzo sul mercato internazionale di 2 euro è possibile produrre 10 litri di latte (al prezzo di 20 centesimi, quasi la metà di quanto costa produrlo ai nostri allevatori), 15 mozzarelle o 64 vasetti confezioni di yogurt e tutto con lo stesso identico sapore perché viene a mancare quella distintività che viene solo dal latte fresco dei diversi territori.

Davanti a Montecitorio i maestri casari hanno acceso la caldaia per mostrare a cittadini e parlamentari come si produce il vero formaggio Made in Italy, sfidando l’imposizione di Bruxelles. Intorno a loro amministratori, cittadini e allevatori con striscioni sui quali si legge “Oggi mandano in polvere il latte, domani il Paese”, “No a formaggi e yogurt senza latte, difendiamo il Made in Italy” e “Mamme, attente alle schifezze”. Ma i cartelli denunciano anche “Dai regolamenti comunitari alibi per industriali nemici del Made in Italy” e “Gli industriali che vogliono fare il formaggio senza latte sono gli stessi che sottopagano il latte italiano”, per ricordare che la lettera di diffida inviata all’Italia dalla Commissione Europea è stata purtroppo sollecitata dall’associazione italiana delle Industrie lattiero casearie (Assolatte), non a caso accusata in un altro striscione di “alto tradimento”.

“Quelli che chiedono all’Unione Europea di produrre il formaggio con la polvere sono gli stessi che sottopagano il latte agli allevatori italiani con prezzi che non coprono neanche i costi dell’alimentazione del bestiame – ha denunciato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo -. Una manovra che fa comodo a chi vuol continuare ad importare prodotti dall’estero da spacciare come Made in Italy per la mancanza di un adeguato sistema di etichettatura sull’origine dei prodotti lattiero caseari. Il risultato è che dall’inizio della crisi hanno chiuso in Italia oltre diecimila stalle da latte con la perdita di posti di lavoro e di reddito ma anche di un ruolo insostituibile di presidio del territorio”.

E’ in corso un pericoloso braccio di ferro che potrebbe portare alla chiusura delle stalle, alla perdita di posti di lavoro, all’omologazione e all’appiattimento qualitativo della produzione nazionale per un settore che rappresenta la voce più importante dell’agroalimentare italiano con un valore di 28 miliardi di euro con quasi 180 mila gli occupati nell’intera filiera, mentre le esportazioni sono aumentate del 9 per cento nel primo trimestre del 2015.

Si vuole, infatti, porre fine al divieto di detenzione e utilizzo di latte in polvere per la fabbricazione di prodotti lattiero caseari, previsto dalla legge nazionale n. 138 dell’11 aprile del 1974, che ha garantito per oltre 40 anni l’alta qualità della produzione casearia nazionale.

Il pressing esercitato dalla Commissione Europea sull’Italia ha peraltro già stimolato gli interessi degli speculatori con le importazioni di latte e crema in polvere che sono aumentate del 16 per cento nel primo trimestre 2015 rispetto allo scorso anno, secondo una analisi della Coldiretti. E non è certo casuale che i 2/3 delle importazioni provengano da Francia e Germania, l’asse che detta la linea politiche dell’Unione Europea, mentre a livello mondiale i maggiori produttori sono Nuova Zelanda e Stati Uniti.

La polvere di latte è peraltro un prodotto “morto” privo di proprietà organolettiche che può arrivare da qualsiasi parte del mondo. La disidratazione consente di concentrare i costituenti del latte rendendoli conservabili a temperatura ambiente per oltre un anno e la tecnologia di produzione prevede che il latte, dopo essere stato corretto del suo contenuto di grassi, venga trattato termicamente con una perdita di valore biologico delle proteine del latte che può essere anche rilevante.

Per ogni centomila quintali di latte in polvere importato in più scompaiono 17mila mucche e 1.200 occupati solo in agricoltura, secondo una analisi della Coldiretti. In Italia sono sopravvissute appena 35mila stalle che hanno prodotto nel 2014 circa 110 milioni di quintali di latte mentre sono circa 86 milioni di quintali le importazioni di latte equivalente. Il via libera alla polvere di latte significherebbe aumentare la dipendenza dall’estero con la chiusura delle stalle, la perdita di posti di lavoro e l’abbandono delle montagne dove il formaggio si fa con il latte vero.

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