Con l’approssimarsi della fase finale dell’iter di approvazione del ddl bilancio 2019, questa è l’analisi allarmata degli assessori al bilancio di diverse Comuni grandi, medi e piccoli emersa al termine di una riunione nella sede dell’Anci
NordEst – Gli assessori richiamano l’attenzione del governo e del parlamento sulle questioni non ancora considerate nella legge di bilancio per il 2019: “Senza i 300 milioni del fondo Imu-Tasi, un progressivo reintegro del taglio di 560 milioni, il mantenimento del 75% di accantonamento al Fondo crediti dubbia esigibilità, moltissimi Comuni rischiano una riduzione fino al 25 per cento della spesa corrente manovrabile. Questo significa comprimere i servizi soprattutto per le fasce di cittadini più svantaggiati e paralizzare la macchina amministrativa anche sul versante della capacità di investimento”.
“E’ impensabile – rimarca il presidente dell’Anci, Antonio Decaro – che il contributo Imu-Tasi non venga mantenuto (e anzi stabilizzato) almeno nella misura dei 300 milioni annui riconosciuti, quantità già ridotta rispetto ai 625 milioni inizialmente fissati sulla base delle certificazioni del ministero dell’Economia. Si tratta infatti di un ristoro di gettito perduto, che compensava originariamente i trasferimenti erariali, e che interessa oltre 1.800 Comuni, a seguito del passaggio dall’Imu sull’abitazione principale alla Tasi. Risorse correnti sempre utilizzate integralmente dai Comuni, pur nelle condizioni fissate dalle regole finanziarie”.
“Sembra prefigurarsi un nuovo taglio ai Comuni – proseguono gli assessori – che mette a repentaglio anche la capacità di investimento, nonché l’effettiva possibilità per molti Comuni di predisporre gli schemi di bilancio. I punti critici sui quali gli assessori chiedono la massima chiarezza sono quelli già evidenziati nei documenti dell’Anci delle scorse settimane”.
Appare inoltre “del tutto inspiegabile il mancato finanziamento delle risorse già tagliate fino al 2018 con il dl 66 del 2014″(564 milioni di euro annui). Concepito come taglio temporaneo, dal 2019 deve essere ristorato come la legge prevede senza possibilità di equivoco e come sta in effetti accadendo per le Città metropolitane e le Province, il cui taglio era regolato esattamente allo stesso modo.
Gli assessori, in assenza di risposte, valuteranno le iniziative da intraprendere anche davanti alle sedi giudiziarie preposte, sicuri della correttezza normativa delle richieste. L’accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità deve essere tenuto fermo al 75% anche per il 2019 e la stessa percentuale di riferimento va adottata sia per la previsione che a consuntivo, così come va salvaguardato l’utilizzo degli avanzi vincolati anche da parte dei Comuni in complessivo disavanzo che altrimenti rischiano la paralisi degli investimenti.
“Le spese correnti secondo il conto economico delle Amministrazioni locali sono in crescita nel 2017, toccando i 213,4 miliardi di euro, pari a +0,4% rispetto al 2016 e +2,6% rispetto al 2015. Le spese in conto capitale delle Amministrazioni locali però si riducono anche nel 2017 arrivando a 25,8 miliardi (-9,1% rispetto al 2016 e -19,8% rispetto al 2015) con una riduzione generalizzata per tutte le voci che le compongono”. E’ quanto emerso durante la presentazione al Cnel del Rapporto sulla Finanza Territoriale 2018 a cura di 6 istituti regionali di ricerca socioeconomica IRES Piemonte, IRPET Toscana, SRM Napoli, Éupolis Lombardia, Ipres Puglia e Liguria Ricerche. “Anche nel 2017 le azioni normative intraprese dal governo centrale a partire dal 2016 al fine di incrementare gli investimenti locali sono risultati inefficaci, nonostante il livello di attenzione prestato alla continua riduzione di tale voce sia stato sempre molto elevato”, si legge ancora nel Rapporto. Al centro del rapporto, che esamina ogni anno l’andamento della congiuntura economica, finanziaria e normativa per le sue ripercussioni sugli assetti della finanza decentrata mettendo in evidenza i principali cambiamenti intervenuti dal 2008, periodo in cui le amministrazioni territoriali sono state travolte da molti cambiamenti, il tema del rilancio degli investimenti pubblici. “La novità del Rapporto 2018 sta nella delicata questione del regionalismo differenziato e nella richiesta di tre regioni di aumentare l’autonomia legislativa ed amministrativa in alcune materie. – ha detto il presidente del Cnel Tiziano Treu aprendo i lavori – Forse, come scrive il Rapporto, non sempre a maggiori funzioni corrispondono maggiori trasferimenti di risorse economiche, ma certo è che ne derivano maggiori responsabilità. È molto positivo che tre regioni che sono tra le più virtuose ed efficienti si pongano come modello evolutivo per le altre e per il Paese. È importante anche che abbiano come obiettivo l’istruzione, la sanità, il lavoro e l’ambiente, cardini intorno ai quali ruota lo sviluppo”.