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L’arte nel piatto, a Trieste le ceramiche pordenonesi in primo piano

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Continuano gli incontri organizzati dai Musei civici di Trieste a margine della mostra “Fragili tesori. Le porcellane italiane della collezione Lokar”

VASO MILLEFIORI

Trieste – La mostra rimarrà aperta fino al 2 marzo nel Museo d’arte orientale di via San Sebastiano 1. Venerdì 14 febbraio alle ore 18, nella sala conferenze dello stesso museo, i relatori saranno Isabella Reale, curatore dei Musei di Pordenone e studiosa di arte italiana del Novecento e il collezionista ed esperto Vincenzo Sogaro. Titolo scherzoso ma efficace della conversazione è “L’arte servita sul piatto. Artisti alla ceramica Galvani di Pordenone”, perché in questo caso si tratta non di semplici decoratori ma di veri artisti che, su invito di questa azienda, hanno dedicato una parte della loro attività al settore della ceramica.

Il cosiddetto “Museo Galvani” “documenta la produzione della Ceramica Galvani dalla fine del XIX secolo alla fine dell’attività (metà degli anni Settanta); costituisce un insieme di fondamentale importanza per la storia economica della città di Pordenone e un insostituibile materiale di studio nell’evoluzione dei tipi e della decorazione ceramica di fine Ottocento e dei primi anni del Novecento, raccogliendo esempi insostituibili nel campo della produzione industriale e in quello della ceramica popolare”: così recita il decreto del Ministro per i Beni Culturali e Ambientali datato 19 dicembre 1984, ponendo il vincolo grazie al quale ora il Museo d’Arte di Pordenone conserva tra le sue collezioni oltre quattromila tra oggetti, studi e bozzetti e un ricco archivio documentario che testimonia la memoria della storica azienda Galvani fondata nel 1811 a Pordenone e fiorita, con un mercato di portata internazionale e una produzione che si è spesso confrontata con l’Arte, fino agli anni Settanta del secolo scorso.

Considerata una delle tre più importanti fabbriche italiane di ceramiche del Novecento per quantità e qualità della produzione, per diffusione dei prodotti a scala nazionale e internazionale, per numero di dipendenti, il marchio con il caratteristico “Galletto” Galvani contrassegnò non “robbe fine”, non porcellane, bensì pignatte, scodelle, boccali, in terraglia, ingentiliti da rose e fiori dipinti a pennello da abili mani femminili, arricchiti da motti di sapienza popolare, da decori di ispirazione cinese e a imitazione della ceramica inglese. Presso la Galvani già nel secondo Ottocento, ma in particolare nei primi decenni del Novecento, vennero anche chiamati e coinvolti artisti di fama per fornire idee e progetti e rilanciare la produzione ceramica friulana, che non solo seppe rinnovare lo stile “rustico” tradizionale con il “rustico moderno” ma anche misurarsi con il Futurismo,

il Déco e il Novecentismo: artisti d’avanguardia come Gino Rossi, Anselmo Bucci e Giacomo Balla, disegnarono per la Galvani, che affidò negli anni Trenta la direzione artistica al veneziano Angelo Simonetto, maestro della decorazione all’aerografo e aperto allo stile Novecento, che a sua volta chiamò a collaborare con nuove forme plastiche e decori scultori come Ruffo Giuntini, o il giovanissimo Armando Pizzinato. L’Arte dunque come leva per il rilancio, è l’ingrediente che accomuna la Galvani con le altre produzioni di successo italiane, come la Richard Ginori o la Lenci.

Ma la sezione ceramica delle collezioni civiche pordenonesi è stata anche arricchita da donazioni di collezionisti con preziosi esemplari di porcellane di Meissen, Capodimonte, e anche dall’importante sezione di ceramica popolare antica raccolta da Luigi ed Andreina Ciceri tra il Veneto, la Carnia e il Friuli.

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