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Infezioni da zecche, casi di encefalite in aumento: Belluno in testa, tra le zone con più casi

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Il Veneto, Belluno in testa, tra le zone con più casi di encefalite da zecche in Italia negli scorsi anni. I soggetti più a rischio: maschi con età media di 55 anni che svolgono attività all’aperto

NordEst – Il cambiamento climatico in atto influenza anche lo sviluppo di infezioni trasmesse da vettori come le zecche che si trovano adesso a latitudini ed altitudini più elevate rispetto al passato e sono presenti in aree geografiche come, ad esempio, il nord est Italia (Veneto, Friuli Venezia-Giulia, Trento, Bolzano), dove sono stati rilevati casi di borelliosi di Lyme ed encefalite da zecche.

“La Tick-born encephalytis (Tbe) è una grave malattia del sistema nervoso centrale che può causare morte o danni neurologici permanenti. Il tasso di letalità nelle persone infettate dal sottotipo occidentale è in media il 2% dei casi clinicamente manifesti, ma le infezioni subcliniche rappresentano il 70%- 98% del totale. La malattia interessa un’ampia fascia del continente eurasiatico, dalla Siberia orientale all’Austria. Le segnalazioni in Europa sono aumentate del 400% dall’ultimo quarto del secolo scorso. Nel 2016, I casi di Tbe confermati in Europa sono stati 2.674, per un tasso di notificazione di 0,6 casi per 100.000 abitanti. Gran parte delle segnalazioni vengono da Austria, Repubblica Ceca e Slovenia, ove la vaccinazione è raccomandata per tutta la popolazione. Gli ospiti naturali del virus sono roditori selvatici dei generi Myodes e Apodemus . L’uomo e altri grandi animali vengono infettati accidentalmente dalle zecche che si trasferiscono dal roditore a loro. Le larve di Ixodes ricinus in Europa diventano attive attorno ai 10°C, mentre le ninfe cominciano a cercare un ospite alla temperatura di 7°C. Un rapido riscaldamento primaverile può favorire il co-feeding, cioè la possibilità che più zecche si nutrano in gruppo sullo stesso animale serbatoio. In questo modo può dilatarsi il numero delle zecche infettate da Tbev, che passando a un ospite umano possono trasferirgli l’infezione.” spiega Massimo Galli, presidente Simit, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali.

Con l’aumento delle temperature aumentano le occasioni di stare all’aperto e quindi anche il rischio di fare incontri spiacevoli con le zecche. Il periodo considerato a rischio va da aprile a ottobre, ma le variazioni climatiche, con l’allungamento dei periodi con alte temperature, possono estenderlo ulteriormente.

Come riconoscere l’encefalite da zecche?

Non è semplice: i sintomi d’esordio (febbre, cefalea…) non sono facilmente distinguibili con quelli di altre patologie. Secondo quanto si legge sul sito dell’Iss (Istituto superiore della sanità)  : “I soli sintomi non permettono di diagnosticare l’encefalite da zecca. In particolare, senza analisi specifiche effettuate sul sangue o sul liquido cerebro-spinale non si può distinguere questa malattia da altre che questi animali possono trasmettere.

La diagnosi si basa, quindi, su analisi di laboratorio attraverso cui verificare: presenza di anticorpi (Igm) specifici,aumento degli anticorpi specifici per il virus Tbe superiore o uguale a 4 volte il valore normale,virus Tbe nel sangue e, in casi fatali in campioni di tessuto nervoso. I casi individuati sono segnalati alle autorità competenti per consentire una valutazione della diffusione di questa malattia nel nostro Paese.”

“Oltre che della encefalite da Tbev (tickborne encephalitis virus) le zecche possono fungere da vettore di numerose altre malattie infettive causate da agenti molto diversi tra loro. In Italia le più importanti sono la Borreliosi di Lyme, causata da Borrelia burgdorferi, una spirocheta, la febbre bottonosa mediterranea, causata da Rickettsia conorii, la febbre Q, causata da Coxiella burnetii (che viene più spesso contratta per via inalatoria)” aggiunge Galli che è anche direttore della divisione universitaria di malattie infettive dell’Ospedale Sacco di Milano.

La tecnologia può aiutare nel velocizzare i tempi della diagnostica a supporto delle scelte dei medici: individuare il patogeno che ha scatenato l’infezione e procedere subito con le terapie adeguate migliora le possibilità di una rapida guarigione e riduce il rischio di importanti complicazioni.

“Il test di diagnostica molecolare, realizzato da Clonit, su un solo campione di materiale biologico può individuare la presenza di uno dei sette agenti patogeni collegabili al morso di una zecca indagati in un paio d’ore. Il kit diagnostico, oltre a svolgere queste analisi in contemporanea, è tra i pochi realizzati con caratteristiche liofile, vale a dire che può essere conservato a temperatura ambiente senza necessità, quindi, di conservazione in frigorifero.

Il metodo molecolare di cui stiamo parlando è denominato Rt-pcr (in italiano Reazione a Catena della Polimerasi Tempo Reale) e consente l’identificazione dei microrganismi attraverso l’amplificazione del loro Dna o Rna. Tale riscontro positivo del Dna o Rna specifico evidenzia la presenza diretta del microrganismo nel materiale biologico di partenza e, quindi, permette una diagnosi specifica dell’agente infettante con tempi molto più rapidi (30-120 minuti) rispetto alle normali tecniche microbiologiche, che hanno tempi di risposta più lunghi (12-72 ore).

Attraverso le informazioni ottenute sequenziando il Dna inoltre, si può “tipizzare” il microrganismo differenziando quelli con differente risposta alle terapie o con maggior virulenza” spiega Carlo Roccio, biologo, Ad di Clonit e direttore scientifico Cerba Hc Italia e componente del comitato ricerca, sviluppo e innovazione di Federchimica.

A questo tema viene dedicata una crescente attenzione e per questo dal giugno 2018 è stato attivato un piano di sorveglianza nazionale.

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