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Il Museo Egizio di Torino festeggia il “bicentenario”

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Nuovi allestimenti della “Galleria dei Re” e del “Tempio di Ellesiya” e anche molti eventi culturali stanno scandendo il bicentenario del Museo Egizio di Torino. Chiosa Evelina Christillin presidente del museo: «Celebrare questa ricorrenza è un esercizio sia di memoria che di proiezione verso il futuro»

[ Il presidente Sergio Mattarella visita il Museo Egizio di Torino © Museo Egizio Press Office ]

di GianAngelo Pistoia

NordEst – Lo scorso novembre la “Galleria dei Re” e il “Tempio di Ellesiya” del Museo Egizio di Torino hanno riaperto al pubblico, dopo quasi otto mesi di lavori per il loro restauro e il riallestimento. Sono state visitate il 20 novembre in anteprima dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dal Ministro della Cultura, Alessandro Giuli e dal segretario generale del Consiglio Supremo delle Antichità Egiziane Mohamed Ismail Khaled.

Bicentenario del Museo Egizio di Torino
È l’ultima tappa di una serie di nuovi allestimenti ed eventi, che hanno scandito il 2024, anno del bicentenario del Museo Egizio, un traguardo che verrà celebrato per tutto il 2025, quando si concluderà il progetto della corte coperta in vetro e acciaio e dell’ipogeo, firmato dallo studio “Office for Metropolitan Architecture (OMA)” di Rotterdam. Il bicentenario del Museo Egizio – sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e con il sostegno di numerosi sponsor, sostenitori e partner pubblici e privati – è entrato nel vivo tra il 20 e 22 novembre, giornate in cui il museo ha aperto le sue porte al pubblico gratuitamente e ha lanciato il “Festival 200”. Nell’occasione c’è stato l’annullo filatelico del francobollo celebrativo del bicentenario e l’incontro tra il direttore del Museo Egizio di Torino Christian Greco e il direttore del Museo Egizio del Cairo, Ali Abdel Halim Ali.

[ Facciata esterna del Museo Egizio di Torino – © Ministero della Cultura (MiC) ]
«Celebrare il bicentenario del Museo Egizio è un esercizio sia di memoria sia di proiezione verso il futuro. Il progetto architettonico di OMA nasce da una nuova visione del museo come istituzione di ricerca di livello mondiale e luogo inclusivo dove tutti i visitatori sono invitati a scoprire il mondo dell’antico Egitto. È con grande orgoglio che presentiamo la “Galleria dei Re” rinnovata e offriamo per la prima volta l’accesso gratuito al “Tempio di Ellesiya”, che fu a sua volta un dono del governo egiziano al popolo italiano. Basandoci sulla grande trasformazione completata nel 2015, i lavori di ristrutturazione in corso sosterranno il Museo Egizio nel nostro obiettivo di aprirci al mondo e raccontare ai visitatori non solo la cultura materiale, ma anche la storia nascosta dei reperti e della civiltà dell’antico Egitto. Per il bicentenario, abbiamo deciso di riflettere sul ruolo del museo, ponendoci domande difficili: il museo è un luogo di conservazione o di distruzione? Cosa ci manca ancora a 200 anni dalla nostra fondazione? Sono queste domande che hanno guidato la nostra strategia per la prossima fase della storia di questa straordinaria istituzione e collezione» hanno dichiarato la presidente del Museo Egizio, Evelina Christillin e il direttore, Christian Greco.

[ Il presidente Sergio Mattarella con Evelina Christillin – © Museo Egizio Press Office ]
«Il bicentenario è anche un’occasione per celebrare i 20 anni della Fondazione Museo delle Antichità Egizie, la prima struttura di gestione per un grande museo italiano di natura pubblico-privata. Abbiamo sviluppato nuovi percorsi accessibili, migliorato la nostra autonomia finanziaria e consolidato un nuovo modello per creare valore sociale, culturale ed economico. Questi ingredienti chiave ci hanno aiutato a creare uno spazio aperto a tutti, un museo archeologico contemporaneo che accoglie la diversità ed esplora nuovi orizzonti interdisciplinari» ha dichiarato Samanta Isaia, direttrice gestionale del Museo Egizio. «L’opportunità di progettare la “Galleria dei Re” ci ha spinto a esplorare la maniera in cui l’esperienza museale contemporanea e il contesto storico dei reperti possano coesistere attraverso l’architettura. È stato un onore lavorare con la squadra altamente professionale del museo su questo progetto. Siamo curiosi di vedere come i visitatori locali e internazionali si rapporteranno a questa collezione in modi nuovi. Attendiamo con impazienza di continuare la collaborazione con il Museo Egizio per realizzare il resto della trasformazione architettonica» ha dichiarato David Gianotten, managing partner architect dello studio “Office for Metropolitan Architecture – OMA”.

[ “Galleria dei Re” (particolare) riallestita dallo studio OMA di Rotterdam – © Museo Egizio Press Office ]
Il più antico Museo Egizio al mondo nell’anno del suo bicentenario si propone di riflettere sulla natura contemporanea dei musei archeologici, luoghi di scambio culturale e di ricerca, entità vive, in continua evoluzione e in dialogo con la società. Per questo motivo, il Museo Egizio già dal 2023 ha intrapreso un percorso di rinnovamento, non solo sotto il profilo architettonico, con un grande progetto firmato dallo studio “OMA”, che si è tradotto in un cantiere in tre lotti che terminerà nell’estate del 2025, ma anche sotto il profilo scientifico, di ricerca archeologica e di riallestimento delle collezioni. Un percorso che è stato avviato nel dicembre 2023, con l’inaugurazione della “Galleria della Scrittura” ed è proseguito con il riallestimento della “Sala Deir-el Medina” e della “tomba di Kha”, la creazione della “Sala dei Tessuti”, il lancio dei “Giardini Egizi” sul Roof Garden, la creazione della sala dedicata al corredo della Regina Nefertari, a 120 anni dalla scoperta della sua tomba, e non ultimo l’allestimento permanente di un’ala del museo dal titolo “Materia. Forma del tempo”.

[ Virtual tour delle sale di “Deir – el Medina e della tomba di Kha” – © Museo Egizio Press Office ]
La sintesi plastica dei nuovo corso del Museo Egizio, che intende coniugare la progettazione architettonica alla ricerca archeologica, è costituita proprio dalla nuova “Galleria dei Re”, curata da sei egittologi (Johannes Auenmüller, Paolo Del Vesco, Alessandro Girardi, Cédric Gobeil, Federico Poole e Martina Terzoli) e realizzata dallo studio “Office for Metropolitan Architecture” di Rotterdam; e dalla “Cappella Rupestre di Ellesiya”, il cui nuovo ingresso da via Duse, nel retro del Museo, ha rimodellato il palazzo seicentesco dell’ex Collegio dei Nobili e l’esperienza di visita del Tempio. Restaurata dal Centro di Restauro Conservazione de La Venaria Reale, la “Cappella Rupestre di Ellesiya” è stata riallestita grazie al lavoro di ricerca e studio degli egittologi e curatori del museo (Johannes Auenmüller, Alessia Fassone, Paolo Marini, Beppe Moiso, Tommaso Montonati). Un suggestivo video mapping, ideato da “Robin Studio”, sui blocchi della Cappella restituisce al pubblico il suo viaggio verso l’Italia.

[ “Video mapping” sui blocchi dalla “Cappella Rupestre di Ellesiya” – © Museo Egizio Press Office ]
Intesa Sanpaolo è il main partner del riallestimento di “Galleria dei Re”, mentre il Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane è official sponsor del “Tempio di Ellesiya”. Fra gli altri, hanno poi generosamente offerto un sostegno economico Alpitour World per la “Galleria dei Re” e Consulta per la Valorizzazione Beni Artistici e Culturali di Torino per l’innovativo “video mapping”. L’intervento di restauro del “Tempio di Ellesiya” è stato interamente realizzato con il contributo della Fondazione CRT, socio fondatore del Museo Egizio, che ha garantito al museo anche il proprio sostegno nella realizzazione delle progettualità e delle iniziative legate al Bicentenario. Tra i primi a credere in questa nuova stagione del Museo Egizio, sostenendolo anche dal punto di vista finanziario, c’è il Ministero della Cultura. Hanno concesso il loro patrocinio al Museo Egizio pure la Regione Piemonte e il Comune di Torino, che sostiene il museo su progetti didattici e tramite il Sistema Musica dell’Assessorato alla Cultura ha dato vita anche a un ricco calendario di iniziative, dal concerto di Capodanno in piazza Castello a inizio 2024 al Festival Incanto Egizio.

L’ archeologia dialoga con l’arte contemporanea
Alla luce del percorso di riflessione sul proprio ruolo di museo archeologico contemporaneo, il Museo Egizio, in occasione del suo bicentenario ha avviato un programma di residenze di artista, che hanno visto protagonisti Ali Cherri e Sara Sallam. In occasione della residenza d’artista, Ali Cherri ha creato un’installazione nel grande vestibolo di fronte all’ingresso della “Galleria dei Re”, ispirata ad alcune sculture della collezione e a una serie di reperti emblematici della cultura materiale dell’antico Egitto.

[ Opera di Ali Cherri realizzata durante la “residenza d’artista” – © Museo Egizio Press Office ]
L’artista ha selezionato sette manufatti della collezione, dai sarcofagi alle statue, che per diversi motivi sono completamente o parzialmente privi di occhi o di sguardo. Gli elementi o le porzioni mancanti sono stati ricostruiti scansionando i reperti digitalmente e rimodellandoli secondo la visione dell’artista, per poi fonderli in bronzo a finitura lucida, andando così a reintegrare gli sguardi degli antichi manufatti originari. Il processo di realizzazione dell’opera ha permesso al museo di attivare nuove sinergie con il territorio, in particolar modo con la Fonderia artistica De Carli a Volvera (Torino).

[ Opera di Sara Sallam realizzata durante la “residenza d’artista” – © Museo Egizio Press Office ]
Sara Sallam (1991) è nata in Egitto e vive in Olanda. Quale lavoro per la sua residenza di artista ha realizzato, fra l’altro, l’installazione “The Sun Weeps for the Land And Calls from the Garden of Stones” (2024), collocata a chiusura del percorso della “Galleria dei Re” è composta da tre opere che reinterpretano la diaspora delle statue della dea Sekhmet, scolpite per il tempio funerario di Amenhotep III e che dall’Ottocento sono disperse in vari musei europei. Come sostiene l’artista, nell’installazione ci viene ricordato che queste statue sacre, che un tempo proteggevano il faraone, ora giacciono angosciate nei musei, non essendo riuscite a compiere il loro scopo spirituale.

Il nuovo allestimento del Museo Egizio di Torino piace ai media
La quasi totalità dei media italiani ed esteri hanno plaudito per come i lavori per il restauro e il riallestimento di alcune sale del Museo Egizio di Torino sono stati effettuati proprio in concomitanza con il bicentenario della struttura espositiva del capoluogo piemontese. A comprova di ciò, propongo per ampli stralci un esaustivo articolo della giornalista Lucia Bellaspiga pubblicato lo scorso 21 novembre dall’“Avvenire”. «Dall’oscurità all’esplosione della luce. Non è solo ciò che accadde con la creazione del mondo secondo la mitologia egizia, ma è il sunto della radicale trasformazione del “nuovo” Museo Egizio di Torino, il più antico al mondo con i suoi 200 anni di storia. Dall’oscurità della “Galleria dei Re” così come eravamo abituati a vederla nell’allestimento quasi hollywoodiano di Dante Ferretti del 2006, con le statue dei faraoni immerse in un buio da oltretomba e rimbalzate dagli specchi delle pareti nere, si è passati alla luce fredda che – dal giorno di inaugurazione del nuovo allestimento – riporta i faraoni e gli dèi al loro contesto naturale, come apparivano sotto il sole dell’antico Egitto.

[ “Galleria dei Re” (particolare) riallestita dallo studio OMA di Rotterdam – © Museo Egizio Press Office ]
Una scelta coraggiosa e controcorrente, che rischia di entrare nelle corde degli egittologi più che del grande pubblico, attratto più facilmente dalle atmosfere cinematografiche che dalla rigorosa ricostruzione filologica attuale. Il direttore Christian Greco e la presidente Evelina Christillin, con l’intero staff di egittologi e curatori, hanno condotto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il ministro della Cultura Alessandro Giuli lungo la “Galleria dei Re” e il “Tempio di Ellesiya”, riaperti al pubblico dopo otto mesi di cantieri.

[ Il presidente Sergio Mattarella visita la “Galleria dei Re” del Museo Egizio – © Quirinale Press Office ]
La novità è proprio la luce in cui le statue sono ora immerse, «perché la nostra intenzione è che i visitatori abbiano la percezione reale di come gli antichi le vedevano. Non nascoste nel buio, ma all’aria aperta», spiega Greco. E non è un caso, allora, se a questo riallestimento non hanno lavorato scenografi (come il premio Oscar Ferretti) ma un team di egittologi, attenti alla ricostruzione archeologica più che agli effetti speciali. Così la monumentale statua di Ramses II, che fino ad oggi ci guardava dall’alto del piedestallo aggiunto nel 1800, è stata riposizionata a livello del pavimento e ci sorride a tu per tu, illuminata dal timido sole torinese che entra dai finestroni prima murati.

[ Statua di “Ramses II” nella “Galleria dei Re” del Museo Egizio – © Museo Egizio Press Office ]
Lo stesso accade al grande Tutmosis III, alle sfingi, alle decine di statue raffiguranti Sekhmet con testa di leone, dea della violenza ma anche della protezione del faraone. Tutte “ribassate” al nostro livello di umani: «Per noi egittologi è la prima volta che questi oggetti sono ricontestualizzati in modo scientifico – spiega uno dei curatori, il canadese Cédric Gobeil, da dieci anni in forze al museo torinese – prima era una “mise en scène”, una messa in scena molto amata dal pubblico, la gente si faceva i selfie davanti ai faraoni e così entrava anche lei nella scena, oggi protagonista è solo il panorama originale». Indubbiamente la luce permette di assaporare particolari prima invisibili, anche perché ora è possibile girare intorno alle statue: «Ad esempio sulla schiena di Ramses II adesso si vede l’iscrizione – dice Christian Greco – Aver fatto scendere dal piedistallo statue tra le più belle al mondo ha fatto sì che oggi come nell’antichità tornino a guardarci negli occhi, pur senza perdere la loro ieraticità.

[ Retro della statua di “Ramses II” nella “Galleria dei Re” del Museo Egizio – © Museo Egizio Press Office ]
Inoltre le tante statue di Sekhmet sono state riposizionate in due file che si fronteggiano, così come nel 1818 le trovò Bernardino Drovetti, console di Napoleone, lungo le vie processionali che conducevano al tempio di Karnak». Ciò che colpisce di più è la metamorfosi dalle pareti nere di Ferretti a quelle attuali in alluminio riflettente, non lucido e non del tutto opaco, sul quale le figure (le nostre e quelle dei faraoni) si rispecchiano sfocate. «L’obiettivo è ricreare l’atmosfera eterea in cui queste statue per millenni hanno avuto il loro ruolo – aggiunge Greco – Ci piace molto il contrasto tra l’antico e la modernità, tra la pietra e il metallo, materiali così diversi da non entrare in competizione, l’alluminio non toglie più la scena alla statua. Il metallo rispecchia ma non proprio, l’immagine non è nitida, si intuisce solo qualcosa: questo ci ricorda che del passato c’è tanto che non conosciamo e solo la ricerca, di cui il museo è la vera casa, può sondarlo».

[ Statue e pareti riflettenti nella “Galleria dei Re” del Museo Egizio – © Museo Egizio Press Office ]
Alla base della “rivoluzione” c’è allora una concezione molto moderna di museo non come raccolta di reperti ma come luogo di ricerca e formazione. «Il museo è di tutti – è il mantra di Greco – appartiene alla gente, l’ho detto anche oggi a Mattarella, che era entusiasta e ha definito “magnifico” il nuovo allestimento. Dai finestroni che abbiamo riaperto, le persone che passeranno sulla strada vedranno i volti dei faraoni, in un interscambio dentro-fuori che rende il museo trasparente e lo connette al tessuto sociale in cui è inserito. E una volta che avremo finito la copertura ci saranno anche i raggi del sole che colpiranno le statue». Se il museo è di tutti, lo è ancora di più (e letteralmente) il “Tempio rupestre di Ellesiya”, anch’esso riallestito in una nuova veste che unisce l’intimità della cappella e la tecnologia digitale in 3D: infatti fu donato dal governo egiziano al popolo italiano nel 1966, quando il nostro Paese fu fondamentale nel salvataggio dei famosi Tempi di Abu Simbel, che altrimenti sarebbero stati sommersi dalle acque nella costruzione della diga di Assuan. Il tempio fu trasportato nel 1970 all’interno del museo torinese e oggi torna ad essere un dono alla popolazione, d’ora in poi accessibile gratuitamente attraverso un ingresso autonomo.

[ “Cappella Rupestre di Ellesiya” (particolare) nel Museo Egizio – © Museo Egizio Press Office ]
Tuttora vi si respira l’odore originale della cappella ctonia, ma il gioco di proiezioni ideato da “Robin Studio” (lo stesso che ha creato tutti i video in 3D del museo, comprese le Tac che rivelano il contenuto delle mummie di Kha e Merit) permette una visita immersiva di alta suggestione. Il riallestimento del Museo Egizio, reso possibile grazie all’ingentissimo contributo di vari sponsor (Intesa Sanpaolo, Ferrovie dello Stato, Alpitour, Fondazione CRT, per citare i principali) è opera dello studio “OMA” di Rotterdam, tradizionalmente attento alla valorizzazione delle architetture, dunque anche alle volte seicentesche dell’ex Collegio dei Nobili risalente al XVII secolo, prima nascoste nella “scatola nera” della scenografia di Ferretti. «I più sorpresi dalla cura con cui custodiamo i reperti della loro civiltà sono stati il direttore del Museo Egizio del Cairo Ali Abdel Halim Ali e il segretario generale del Consiglio Supremo delle Antichità Egiziane Mohamed Ismail Khaled venuti apposta dall’Egitto e se lo dicono i diretti discendenti del popolo che ha creato tutto questo …» ha concluso Evelina Christillin la presidente del Museo Egizio di Torino».

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