Il Mart e Fondazione Luigi Rovati offrono per la prima volta una visione complessiva del vasto e articolato fenomeno che fu la riscoperta della civiltà etrusca nel secolo scorso, attraverso un progetto in due tappe diverse e complementari: dal 7 dicembre 2024 al 16 marzo 2025 a Rovereto e dal 2 aprile fino al 3 agosto 2025 a Milano
di GianAngelo Pistoia
NordEst – Nel 1916 viene ritrovato l’“Apollo di Veio”. A partire da questa scoperta nel giro di pochi anni prende avvio il periodo conosciuto come “rinascenza etrusca”. Nel 1955 e 1985 vengono organizzate grandi mostre internazionali dedicate agli Etruschi. Attorno a queste date, nei periodi precedenti e successivi fioriscono studi, convegni, dibattiti; agli Etruschi si ispirano intellettuali, artisti, designer, stilisti, orafi. Una vera e propria “etruscomania”. Nel 2024/2025 il Mart di Rovereto e la Fondazione Luigi Rovati di Milano presentano “Etruschi del Novecento”: un grande progetto” espositivo sulla fortuna che ebbe la cultura etrusca sui moderni e sui contemporanei.
Il progetto espositivo
“Etruschi del Novecento” racconta di come la civiltà etrusca abbia influenzato, a più riprese, la cultura visiva del secolo breve: a partire dai ritrovamenti archeologici e dai tour etruschi, organizzati a cavallo tra il XIX e il XX secolo, fino alla “Chimera” di Mario Schifano, eseguita durante una performance a Firenze nel 1985, in occasione dell’inaugurazione del cosiddetto anno degli etruschi.
L’eco di scoperte sensazionali come quella dell’“Apollo di Veio” (del IV secolo a.C. la scultura in terracotta dipinta, alta quasi due metri, fu ritrovata nel 1916 ed è oggi conservata al Museo di Villa Giulia a Roma) portò alla diffusione di numerosi studi e pubblicazioni e alla ripresa di stili, forme, temi, materiali. Il sorriso arcaico, gli animali fantastici, la vita e la morte, il culto del popolo misterioso ammaliarono i moderni, affascinati dallo stile denso, sintetico, sincero, “primitivo”. Tra gli altri, contribuì al “mito etrusco” l’intellettuale di riferimento del primo Novecento, Gabriele d’Annunzio. Negli anni dei suoi viaggi a Volterra, dove ambientò il suo romanzo “Forse che si, forse che no”, d’Annunzio lavorò all’opera drammaturgica “La città morta” che andò in scena a Parigi (1898) e a Milano (1901) con l’interpretazione di Eleonora Duse. Nel generale clima di interesse verso l’archeologia e gli scavi, il Vate mise in scena una tragedia ambientata in un tempo sospeso, nel mondo delle ombre, nel quale i protagonisti si muovono tra un repertorio indistinto di copie di opere archeologiche.
Se la cultura di fine Ottocento, erede della tradizione simbolista, è incuriosita da un popolo misterioso che riaffiora dalle tombe dell’Etruria, nel secondo Novecento due celebri esposizioni amplificheranno la portata del fenomeno anche all’estero, raggiungendo artisti del calibro di Alberto Giacometti, Pablo Picasso, Andy Warhol o registi come Alfred Hitchcock. Si tratta della “Mostra dell’arte e della civiltà etrusca”, allestita da Luciano Baldessari a Palazzo Reale a Milano nel 1955, e di “Civiltà degli Etruschi”, organizzata nel 1985 nell’ambito del variegato “Progetto Etruschi” che la città di Firenze e la Regione Toscana dedicarono a quello che venne chiamato l’“anno degli etruschi”.
Oggi Mart e Fondazione Luigi Rovati offrono per la prima volta una visione complessiva del vasto e articolato fenomeno che fu la riscoperta della civiltà etrusca nel secolo scorso, attraverso un progetto in due tappe diverse e complementari: dal 7 dicembre 2024 al 16 marzo 2025 a Rovereto e dal 2 aprile e fino al 3 agosto 2025 a Milano, a cura di un unico team curatoriale.
Nelle due mostre l’arte visiva dialoga con le arti applicate e grafiche: dalla pittura all’arte orafa, passando per la statuaria e documentando il ritorno di forme, di tecniche e di materiali come la terracotta dipinta, i metalli, la pittura parietale e vascolare, il bucchero (la tradizionale ceramica nera utilizzata dagli Etruschi per realizzare vasi). I confronti tra antichi e moderni vengono approfonditi in maniera puntuale grazie a riproduzioni fotografiche, pubblicazioni e una preziosa selezione di straordinari pezzi archeologici.
“Etruschi del Novecento” è anche un catalogo, pubblicato da Johan & Levi Editore contenente i saggi delle curatrici e del curatore e testi di esimi studiosi e studiose come Matteo Ballarin, Fabio Belloni, Martina Corgnati, Alessandro Del Puppo, Maurizio Harari, Claudio Giorgione, Mauro Pratesi, Nico Stringa. Commenta Vittorio Sgarbi, Presidente del Mart: «Tutto il Novecento è percorso da una “febbre etrusca” che va da Martini a Serafini e che indica un percorso non classico, ma espressionistico, deformante dell’arte del Novecento, una vera e propria estetica della deformazione senza tempo». Chiosa invece Giovanna Forlanelli, Presidente della Fondazione Luigi Rovati: «Abbiamo accettato con entusiasmo questa collaborazione con il Mart che consolida la nostra costante ricerca di dialoghi fra il mondo etrusco e gli artisti che nel tempo ad essa si sono ispirati».
La prima tappa al Mart di Rovereto
La mostra si snoda lungo un percorso tematico costituito grazie a prestiti provenienti da prestigiose collezioni pubbliche, come la Galleria Nazionale di Roma, Ca’ Pesaro, la Peggy Guggenheim Collection di Venezia, lo Stedelijk Museum di Amsterdam e il Musée Picasso di Parigi, e dai più importanti musei archeologici: il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, il Museo Archeologico Nazionale di Firenze, l’Accademia Etrusca di Cortona, il Museo Archeologico Nazionale di Arezzo, il Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria, il Parco Archeologico di Cerveteri e Tarquinia e il Museo Civico Archeologico di Bologna. In mostra anche opere appartenenti ai patrimoni degli organizzatori del progetto, il Mart e la Fondazione Luigi Rovati. A questi si aggiungono opere provenienti da collezioni private e fondazioni. Il display allestitivo, coinvolgente e scenografico, è di Officina delle Idee di Torino. Convivono insieme a reperti archeologici e preziosi documenti quasi 200 opere, tra cui si segnalano quelle di Massimo Campigli, Marino Marini, Arturo Martini, Alberto e Diego Giacometti, Pablo Picasso, Michelangelo Pistoletto, Gio Ponti, Mario Schifano, Gino Severini.
I confronti in mostra non si limitano agli aspetti stilistici o alle somiglianze, al contrario sono basati su documenti e dichiarazioni degli artisti stessi che furono influenzati, parteciparono a “tour etruschi”, visitarono musei e zone archeologiche, scrissero, studiarono o si dedicarono alle “etruscherie”. Se tra gli artisti del primo Novecento sono numerosi i rimandi al mondo “classico”, greco o romano, gli Etruschi ispirano coloro che prediligevano una posizione artistica “anti-classica”, alla ricerca di un linguaggio espressivo differente, originale.
Al Mart “Etruschi del Novecento” si inserisce nel filone di progetti che confrontano e propongono dialoghi tra periodi storici differenti. La mostra inoltre conferma la mission stessa del museo che tutela, studia e valorizza un patrimonio di opere e materiali d’archivio che guarda con particolare attenzione alle vicende dell’arte italiana nel XX secolo.