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Ermanno Olmi leone d’oro alla carriera

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E' il maestro Ermanno Olmi il Leone d'Oro alla carriera della 65. Mostra internazionale d'Arte cinematografica di Venezia. Il premio, che rende omaggio a un cineasta che ha lasciato un segno profondissimo nell'invenzione del cinema moderno, e' stato proposto dal direttore della Mostra Marco Muller, ed accolto dal Cda della Biennale di Venezia presieduto da Paolo Baratta.

La consegna del premio 

Il Leone d'Oro alla carriera sara' consegnato al regista – gia' vincitore a Venezia di un Leone d'Argento nel 1987 con 'Lunga vita alla signora' e di un Leone d'Oro nel 1988 con 'La leggenda del santo bevitore' – nella Sala Grande del Palazzo del Cinema durante la 65^ Mostra internazionale d'Arte cinematografica (27 agosto – 6 settembre 2008).

La grande carriere di Olmi 

Olmi, uomo di cinema di frontiera, ha scelto di vivere lontano dalle mode e dalle correnti modellando immagini e storie per conoscere e capire gli uomini. "Il suo cinema, pervaso da un infinito stupore – si legge in una nota della Biennale di Venezia – esprime un'etica dello sguardo cosi" vicino al mondo da apparire inattuale e 'fuori dal tempo' e crede in una possibile continuita' o mancanza di cesura tra lo schermo e la vita.

Ha preferito, infatti, fin dall'inizio della sua carriera operare ai margini della grande produzione e abbandonare le strade produttive tradizionali per solcare, nel corso della sua diversificata attivita' piu' che cinquantennale, vie tra le piu' originali e meno canoniche di tutto il cinema del dopoguerra, affermandosi come punto di riferimento imprescindibile per molto cinema indipendente, e diventando, al tempo stesso, maestro assoluto di rigore e liberta'".

Olmi puo' essere considerato una delle rare personalita' della storia del cinema in grado di gestire tutti gli aspetti realizzativi dei propri film (e' stato di frequente, oltre che sceneggiatore e regista, anche direttore della fotografia, operatore e montatore delle sue opere) e di sperimentare frontiere sempre nuove del linguaggio cinematografico, attraverso un uso della macchina da presa "spesso innovativo e mai fine a se' stesso.

Raccogliendo l'eredita' del neorealismo, ed in particolare la lezione rosselliniana – e facendo propri stilemi di autori come Bresson, Dreyer, Resnais, Bergman, Mizoguchi – Olmi e' stato capace di adattarne i principi, di elaborare un propria poetica, di sperimentare nuove modalita' di costruzione e scomposizione del racconto, muovendosi con maestria in nuove e inesplorate zone di confine tra documentario e finzione, e alternando atmosfere realistiche a visioni favolistiche e fantastiche".

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