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Crisi: meno 75.500 imprese, a Nordest ne mancano all’appello quasi 12.000

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Crollo verticale dell’artigianato, drammatico il bilancio degli ultimi 5 anni

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NordEst – Se nel primo trimestre di quest’anno si registra qualche timido segnale di ripresa, la situazione maturata in questi ultimi 5 anni di crisi economica è stata drammatica: in Italia abbiamo perso 75.500 imprese artigiane (*). Di queste, poco meno di 12.000 operavano nel ricco Triveneto. I numeri, fa sapere la CGIA, fotografano una situazione pesantissima che ci consentono di dire che l’artigianato è stato il comparto più colpito dalla recessione che si è abbattuta in questi anni nel nostro Paese. Le costruzioni, i trasporti e il manifatturiero (metalmeccanica, tessile, abbigliamento e calzature) sono stati i settori che hanno segnato le performance più negative.

“Drastica riduzione dei consumi delle famiglie, forte aumento sia delle tasse sia del peso della burocrazia e la restrizione del credito – segnala Giuseppe Bortolussi, segretario della CGIA – sono tra le cause che hanno costretto moltissimi artigiani a gettare la spugna. Non potendo contare su nessun ammortizzatore sociale, dopo la chiusura dell’attività moltissimi artigiani non hanno trovato nessun altro impiego e sono andati ad ingrossare il numero dei senza lavoro, portandosi appresso i debiti accumulati in questi anni e un futuro tutto da inventare”.

Nel Veneto la situazione ha assunto i toni di una vera debacle. Tra il 2009 e il 2013 mancano all’appello 9.800 imprese artigiane. Di queste, 2.187 operavano in provincia di Treviso, 1.949 a Verona, 1.848 a Vicenza e 1.836 a Venezia. Si stima che in questo quinquennio la contrazione occupazionale dell’artigianato veneto sia stata di circa 28.000 unità.

Da un punto di vista metodologico, fa notare la CGIA, la nati-mortalità delle imprese è stata calcolata come differenza tra le imprese artigiane iscritte in un periodo e le cessazioni non d’ufficio avvenute nello stesso lasso di tempo. Ai fini del calcolo sono state utilizzate le cessazioni non d’ufficio, in modo che il saldo risulti pulito da eventuali operazioni di revisione degli archivi.

(*) saldo tra le imprese iscritte e le cessazioni non d’ufficio

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