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Come sarebbe il mondo se non dovessimo fare i conti con le cosiddette “condizioni di amabilità”?

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di Annalisa Borghese

Ipotesi irrealistica, naturalmente, non tanto per la difficoltà di eliminarle quanto perché senza le condizioni di amabilità mancherebbe un forte impulso a evolvere sul cammino della conoscenza di chi siamo e che tipo di essere umano vogliamo diventare.

La domanda andrebbe forse formulata in un altro modo: come sarebbe il mondo se non ci sentissimo in qualche modo obbligati a fare, fare, e ancora a fare in una corsa continua che ci sfianca?

Il fare esasperato rientra in un modello plasmato sulle condizioni di amabilità. Dentro questo modello siamo uomini-schiavi o uomini-macchina senza possibilità di scegliere, o tutt’al più con una sola alternativa che di fatto è un’illusione. Il copione ce lo portiamo scritto addosso, identificato con la nostra identità.

Uno fra tutti è il copione del “se non faccio tutto io o se non faccio meglio degli altri non sono abbastanza bravo e cioè degno d’amore”. Copioni interiorizzati da bambini che condizionano una vita intera. La buona notizia è che si possono cambiare le cose. Ci vuole tempo, serve costanza, occorre volontà.

E dunque come poter passare da un’ipotesi dell’irrealtà in cui le condizioni di amabilità non esistono ad un’ipotesi della possibilità in cui innanzitutto riconosciamo il copione e poi decidiamo di uscire dal tranello
del “Se non… allora…”?

Provate a guardare questo video di Antonio Quaglietta (14’35”) “Ti presento te stesso”

 

Un infuso di olivello spinoso può essere un buon abbinamento.

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